CHIMICA FORENSE
L’applicazione della chimica isotopica sta avendo un’attenzione sempre crescente in ambito giudiziario. La possibilità di identificare e datare con maggior precisione episodi di contaminazione rappresenta un aspetto chiave per individuare il responsabile in caso di diatribe di natura civile e penale. Ad oggi, sono molti i casi in cui l’uso del CSIA si è rivelato cruciale per attribuzioni di responsabilità in sede di tribunale.
I vantaggi della CSIA – Environmental Forensics
La CSIA è uno strumento ben sviluppato nel campo dell’environmental forensics e dei contenziosi in materia ambientale, dove sono richiesti l’attribuzione delle sorgenti di contaminazione e il “fingerprinting”. L’analisi isotopica può essere utilizzata per differenziare le sostanze sorgenti e i punti di rilascio in siti complessi dove più plume contribuiscono alla concentrazione di un singolo contaminante, o un singolo contaminante contribuisce in più tempi a un dato plume.
La capacità delle analisi isotopiche tradizionali di definire accuratamente la firma (“fingerprint”) della sostanza sorgente dipende:
- dal contaminate di interesse;
- da quanto le sostanze sorgente siano distinte da un punto di vista isotopico, cioè quanto le differenze nei loro valor isotopici siano maggiori delle incertezze analitiche associate alla preparazione del campione e all’analisi isotopica;
- dal verificarsi, lungo il percorso, di qualche processo biotico o abiotico che altera i valori isotopici osservati.
La CSIA migliora significativamente la capacità dell’analisi isotopica tradizionale nel campo dell’environmental forensics, consentendo l’acquisizione di un ulteriore livello conoscitivo per distinguere le sorgenti. L’aumento della sensibilità nella determinazione della firma della sorgente si può osservare in Figura 2, nella quale l’analisi CSIA del δ13C e del δ37Cl è stata applicata per discernere tra diversi produttori di solventi clorurati. Gli specifici valori delle sorgenti consentono alla CSIA di essere utilizzata per discriminare le sorgenti e definire i percorsi e i processi che alterano la concentrazione dei solventi clorurati, man mano che questi migrano nell’ambiente naturale.
Figura 2: Grafico isotopico duale dei valori di δ13C e δ37Cl per tre solventi clorurati (tetracloroetilene, PCE; tricloroetilene, TCE; e 1,1,1 – tricloroetano, TCA) provenienti da quattro produttori di solventi clorurati (Van Warmerdam et al., 1995).