INQUINAMENTO DIFFUSO

L’applicazione delle analisi di tipo isotopico può essere estesa anche al monitoraggio delle contaminazioni di tipo diffuso, in merito alle quali l’art. 239 – Titolo V – del Dlgs 152/06 dispone che gli interventi di bonifica e ripristino ambientale per le aree caratterizzate da inquinamento diffuso siano discipli­nati dalle Regioni con appositi piani. L’art.240 fornisce la seguente definizione:

inquinamento diffuso: la contaminazione o le alterazioni chimiche, fisiche o biologiche delle matrici ambientali determinate da fonti diffuse e non imputabili ad una singola origine.”

Rientrano in tale ambito di azione due tipologie di contaminazione:

da sorgente diffusa: quale a esempio la contaminazione derivante da pratiche agronomiche, inquinamento per ricaduta atmosferica (autostrade, aree fortemente urbanizzate, aree in prossimità di poli industriali), eventi accidentali (incendi, esondazioni, ecc…);

somma di “sorgenti puntuali” storiche: tipicamente riconducibile a contaminazioni storiche di origine antropica, dovute a numerose sorgenti “puntuali”, il cui singolo contributo non è più individuabile, ovvero determinate dall’utilizzo di prodotti di largo consumo (quali a esempio i solventi clorurati).

Nel contesto appena descritto, l’approccio isotopico multi-dimensionale può essere applicato alle contaminazioni di tipo diffuso causate dalla presenza di contaminanti inorganici in falda (ad esempio nitrati e solfati). La Figura 3 illustrata il range di valori attesi di δ18O-NO3 e δ15N-NO3 in base a una serie di input di nitrati naturali e antropici e agli effetti dei frazionamenti che altererebbero questi valori. Le differenze osservate nei valori isotopici possono essere utilizzate per discernere tra carico naturale di azoto (cioè da precipitazione e suolo), e runoff di azoto da altre sorgenti, compresi fertilizzanti, resti animali e sistemi settici. I rapporti isotopici possono anche essere utilizzati per valutare il livello e il tasso di denitrificazione che si verifica in un acquifero, cosa che riduce le concentrazioni di nitrati e quindi riduce gli impatti della tossicità dei nitrati per le acque sorgenti.

Figura 3: Intervalli tipici di δ18O-NO3 e δ15N-NO3 per sorgenti di nitrati e processi che alterano questi valori (Kendall, 1998).

Un approccio simile può essere utilizzato per l’analisi isotopica di δ34S e δ18O dei solfati in fase acquosa legati ai minerali (Figura 4). Questi valori possono essere utilizzati per:

  • analizzare i processi e le condizioni di formazione dei depositi minerali di solfuri
  • valutare le sorgenti di solfati sia in ambienti marini sia terrestri
  • esaminare le condizioni e i percorsi per l’ossidazione dei minerali (es. la pirite), che possono influenzare negativamente la qualità delle acque attraverso la produzione di acidi.

Figura 4: Intervalli di valori di δ18O-SO4 e δ34S-SO4 per solfati terrestri e marini (Clark and Fritz, 1997).

In merito all’inquinamento diffuso derivante dalla somma di “sorgenti puntuali” storiche, l’approccio isotopico, inserito nei piani di monitoraggio delle matrici ambientali a scala comunale e/o regionale, fornendo indicazioni in merito all’evoluzione temporale della contaminazione, può segnalare la presenza di nuovi contributi non di origine diffusa, risultando di grande aiuto nelle fasi di pianificazione e progettazione delle Misure di Intervento.